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Corridoi di Natale: essere buoni o essere cattivi?


UNA PROPOSTA PER USCIRE DA QUESTO IMBUTO
Se quello delle migrazioni è il fenomeno epocale dei nostri giorni, serve forse il coraggio di proporre un cambiamento epocale. 

Sarebbe troppo semplice e scontato criticare le foto di Minniti con i bambini africani e gli aerei militari alla vigilia di Natale. Si potrebbe farlo a partire dai numeri, 167 “salvati” su oltre 17mila respinti, o sui tempi, perché aver avviato i corridoi con oltre 4 mesi di ritardo, o sui costi, almeno 400milioni di Euro l’operazione Libia fin qui (ma la cifra è inesatta, perché in gran parte segretata). O si potrebbe criticarlo anche da destra: ora li fai venire in aereo, quanto costano sti corridoi mentre i nostri figli non hanno lavoro etc. etc.
Ma sarebbe davvero banale.
Credo sia più importante capire da dove nasca questo tentativo del centro-sinistra europeo, di cui Minniti e Gentiloni sono alti rappresentanti, di tenere insieme sicurezza, impegno militare e animo umanitario.



Schiacciati dalla facilità con cui le destre possono usare i messaggi xenofobi per drenare consensi nelle fasce più popolari, le classi dirigenti moderate e progressiste tentano di combinare lotta all’immigrazione illegale con accoglienza per i “veri” rifugiati.
Così prima trasformano milizie in Guardie Costiere, le finanziano lautamente e le lasciano libere di gestire mercati di schiavi trasformati in “centri per immigrati” e poi fanno corridoi umanitari a Natale. Un colpo al cerchio e uno alla botte, si dice dalle nostre parti. Ma il problema è che vale anche l’altro detto: non puoi avere la botte piena e la moglie ubriaca.
Dietro alla fotografia di Minniti con in braccio il bambino africano sceso dall’aereo militare si cela l’affanno pesante delle forze democratiche europee.
Certamente l’avanzare delle demagogie xenofobe, che ormai hanno conquistato pienamente anche i cosiddetti movimenti civici come dimostra l’opposizione vergognosa del M5S allo ius soli, sono una causa di questo affanno, ma forse la causa più profonda è nel non essere in grado di immaginare un progetto davvero diverso. Finché la base è quella della gestione militare, è difficile proporre alla gente, agli elettori una visione altra capace di sbugiardare e scardinare il consenso delle forze razziste. Loro dicono “li fermiamo tutti, non riconosciamo i loro diritti e difendiamo i nostri”, senza poi riuscire a modificare l’epocale fenomeno in sé, ma solo causando violazioni e violenze. Se i democratici dicono “li fermiamo quasi tutti, ma siamo buoni con quelli che rientrano nelle categorie più deboli”, perché dovrebbero avere più presa di chi dimostra più determinazione?

Ma fermiamoci un attimo qui e ascoltiamo altre immagini, altre voci.
Nelle stesse ore in cui Minniti promuoveva la sua immagine natalizia,  tre importanti servizi video sono stati pubblicati da Il Corriere,  Il Fatto Quotidiano e Repubblica.
Il servizio del Corriere racconta i migranti che cercano di attraversare a piedi in mezzo alla neve la frontiera tra Bardonecchia e la Francia.
Quello de Il Fatto si concentra sulla vita dei migranti bloccati lungo il fiume Roja a Ventimiglia.
E infine quello di Repubblica è basato con intelligenza su una serie di interviste a migranti appena salvati dalla nave Acquarius di SosMediterranee, che raccontano come funzionano i respingimenti e gli arresti in Libia, da cui stanno scappando. Perché in Libia i migranti vengono fermati, respinti, arrestati e poi se pagano possono ripartire di nuovo. In Libia funziona così da sempre.

Guardateli con calma.
Durano 7-8 minuti. Ma meritano attenzione. Non sfogliateli di fretta. Sarebbe controproducente.
Perché i tre video hanno in comune una grande qualità: ascoltano e danno valore alle parole dei protagonisti. Non sono passaggi veloci sulle loro sfortune o sulla loro povera condizione. I videomaker che li hanno realizzati si sono fermati, hanno provato a capire, hanno soprattutto lasciato le persone parlare, spiegare, guidare la nostra conoscenza e anche la nostra ignoranza.
Se vi prendete questi 25 minuti (oddio quanti!?..pazzesco come si sia spappolata la nostra capacità di concentrazione, vero?) allora credo avrete la base per iniziare a pensare come poter uscire dal soffocamento che porta Minniti a farsi fotografare con il bambino africano e gran parte della classe dirigente europea a ritenere giuste le missioni militari e gli accordi con i peggiori governi africani e nord africani per fermare le invasioni.

Partiamo dall’unico dato di fatto condiviso: tutti ormai, dopo anni di distrazione, concordiamo nel dire che le migrazioni sono l’evento epocale dei nostri giorni e che non possono più essere considerate delle emergenze.
Allora credo che se di un evento epocale si tratta, può essere l’occasione giusta per provare ad immaginare anche un cambiamento epocale.
Come chiedere la fine della schiavitù nel ‘700, la fine dei regimi monarchici assoluti nell’800, i diritti per i lavoratori e addirittura per i senza lavoro nel ‘900, l’abolizione delle frontierie in Europa alla fine del '900. Come questi cambiamenti epocali, possiamo forse ora avere il coraggio di chiederne un altro. Proviamo insieme a capire quale.
La lettura dell’evento epocale che oggi ci sta soffocando è più o meno questa: gli immigrati costituiscono un problema di disordine (identitario e/o socio-economico) e come tale il problema va affrontato con mezzi militari molto costosi e consistenti che tengano il problema fuori o lo respingano, facendo entrare o rimanere solo quelli che davvero ne hanno “bisogno”, ovvero creando le sottocategorie di rifugiato (immigrato buono) e migrante economico (immigrato cattivo).
Credo sia arrivato il momento per proporre ben altra lettura e ben altro cambiamento.
Ne propongo qui una sintesi, ma mi auguro possa essere discussa e ridiscussa: gli immigrati costituiscono la reazione inattesa ma inevitabile di chi al mondo si trova schiacciato troppo in basso dalla forte crescita di diseguaglianze e discriminazioni e che cerca di muoversi per raggiungere altri luoghi, avvicinandosi fisicamente il più possibile a chi sta invece sempre più in alto nella scala delle diseguaglianze. Tra queste persone in movimento ce ne sono alcune per ora ancora considerate legali (greci, italiani, rumeni, slovacchi, turchi ad esempio), altre in bilico a seconda dell’intreccio tra appartenenza etnica e potere d’acquisto (albanesi, cinesi, marocchini, bulgari, serbi, colombiani, filippini ad esempio) ed altri definiti in partenza illegali (gran parte degli africani ad esempio). Lottare contro la diseguaglianza significa garantire a chi sta schiacciato in basso (dagli italiani agli africani, per capirci) il diritto a muoversi, a partire e a tornare, in modo regolare e legale. Non è un diritto autosufficiente per garantire la felicità delle persone, ovvio, ha bisogno di essere affiancato ad altri diritti sociali ed economici. Ma è necessario. E' conditio sine qua non. Senza questo diritto, gli altri nella società dell'economia globalizzata sono immediatamente annullati. Negare questo diritto significa confermare la diseguaglianza e rinunciare a mettere i diritti sociali prima degli interessi economici.
Detto in altri termini: se impediamo alle persone di muoversi per rispondere a un proprio bisogno, loro lo faranno lo stesso e finiranno prima o poi per trovarsi in condizioni disumane, pronte ad essere sfruttate da disumani trafficanti, assoldate da spregiudicati padroni o represse da eserciti respingenti. In Libia come a Bardonecchia o a Ventimiglia. Se ci sta a cuore evitare che esseri umani si trovino in condizioni disumane, allora dobbiamo permettere vie sicure e regolari con cui le persone possano muoversi, anche per evitare che queste vie sicure e regolari (che noi italiani oggi consideriamo normale e sacrosanto avere) vengano tolte anche ai nostri figli, molti dei quali già si muovano per cercare condizioni migliori. Se vogliamo che questo diritto non venga tolto a noi o ai nostri figli, allora dobbiamo lottare perché si estenda anche agli altri. Dobbiamo impedire che questo diritto sia soggetto ad arbitrarie decisioni, a interessi di poteri che non possiamo controllare. Deve essere un diritto fondamentale per tutti e non essere concesso a qualcuno ogni tanto. Se no chi decide chi sta dentro e chi sta fuori? Chi decide se noi stiamo dentro o stiamo fuori?
E sia chiaro, le vie di cui parlo non sono i corridoi umanitari, tantomeno quelli natalizi riservati a pochi e destinati a palcoscenici ben preparati. I corridoi umanitari sono azioni di emergenza e purtroppo servono oggi per scappare dall’inferno libico, perché la Libia è una delle condizioni disumane in cui i migranti si trovano. Ne servono di molto più grandi e ampi e mi auguro che vengano davvero aperti, ma non possono essere la risposta sistemica al fenomeno epocale.
La risposta sta invece nel mettere i bisogni e i diritti di tutti prima degli interessi di pochi. C’è qualcuno che lo vuole? Perché se qualcuno lo volesse, si potrebbe iniziare a farlo subito. I soldi ci sono, ce ne sono tantissimi (così tanti che nemmeno ci dicono quanti esattamente sono quelli utilizzati oggi dall'Europa per respingere e fermare), basta direzionarli verso l’obiettivo giusto, non operando distinzioni etniche, ma criteri sociali ed economici: si chiama redistribuzione delle ricchezze e oggi va reinventata. Perché di soldi ce ne potrebbero essere ancora di più se affianco a questa battaglia di giustizia si affiancasse quella della lotta ai privilegi sempre più incontrollati del vertice plurimiliardario che controlla le economie globali. Lotte ai paradisi fiscali, alle speculazioni finanziare, alle elusioni fiscali internazionali. Pozzi di miliardi lasciati indisturbati nelle mani di pochissimi miliardari di qualsiasi "razza": americani e sauditi, cinesi e francesi, nigeriani e milanesi, indiani e tedeschi, l’unica vera società multiculturale nel mondo di oggi, quella che vive in ville o attici super controllati, che si sposta con jet privati tra alberghi di lusso e villaggi esclusivi, che non conosce frontiere e vede i propri profitti e patrimoni crescere esponenzialmente di giorno in giorno, mentre i professionisti della paura tengono la gente ben distratta.
Magari alle prossime elezioni italiane ci fosse qualcuno che avesse il coraggio di parlare di questo. All’estero qualcuno inizia a farlo con chiarezza, a partire per esempio da Corbin in Inghilterra e Sanders negli USA.
Se davvero spostassimo il dibattito in questa direzione, allora penso che Salvini&Co avrebbero qualche difficoltà in più a gioire per aver negato i diritti a 800mila cittadini italiani, mentre, non a caso, si alleano con uno dei più ladri plurimiliardari della terra. E Di Maio farebbe fatica a dirsi davvero dalla parte dei cittadini, mentre li distingue su base etnica pur di non scendere dall’onda dei consensi popolari che spinge il suo carro.


Sul tema delle migrazioni è in gioco una svolta storica della nostra società. Può essere molto pericolosa continuando nella via dell’odio e della morte, oppure aprire nuovi orizzonti di giustizia sociale.

P.S. Se vi interessa questo ragionamento date un'occhiata al sito del  FORUM PER CAMBIARE L'ORDINE DELLE COSE